domenica 30 giugno 2013

eserciZi di stile – il messicano



Al cuore Ramon!


Il Messicano entra e non si pulisce le scarpe.
Eppure gliel’ho detto che lo zerbino davanti la porta d’ingresso non ha una funzione coreografica. Lui non ci sente. Lui entra. Le sue impronte arrivano fino in cucina e si fermano al frigorifero. La birra gelata in una mano, mentre con l’altra si slaccia i primi bottoni della camicia, prosegue il suo tragitto e finisce di marcare il territorio in veranda, dove si abbandona soddisfatto nella poltrona in vimini simil Ralph Lauren. Allunga le gambe sul tavolino. Chiude gli occhi e sorride.
Non so perché glielo permetto. In fondo, ne ho buttati fuori per molto meno.
Beve.
Appoggia la bottiglia per terra e finalmente mi vede

- Ah… ci sei...

Forse è per via di quel suo specialissimo “ah”. Un intercalare a metà strada fra sfuggevolezza e desiderio. Una pausa di scantonamento. Il preludio ironico a una bugia. La prossima.
O forse è per il sorriso obliquo che lo accompagna sempre.
Non so… forse è per entrambe le cose che glielo permetto.

- Sì, ci sono. Giornata pesante?
- Non importa, Bambina. È passata…Vieni qui e dammi un bacio!

Glielo vado a dare. Mi siedo con lui.
Approccia senza cautele.
Lo allontano senza incertezze.

Il Messicano entra e non chiede permesso.
Non ne ha bisogno, dice lui.
È da maleducati, dico io. E pure presuntuosi, aggiungo.
Tanto glielo accordano sempre, il permesso. Mi fa notare. Perché perdere tempo a chiedere quando conosci già la risposta? Non è intelligente, dice lui.
L’intelligenza non è tutto, dico io. E non ti renderà né migliore, né più felice. Bisogna avere attenzioni e sensibilità. Ci vuole cuore, Ramon. Ci vuole cuore.

- Ah…

Dice lui. Pausa. Sorso di birra e sorriso obliquo.
Aspetto la prossima bugia.
La pausa si prolunga.
Tira fuori lo Zippo, il pacchetto di sigarette e ne accende una.
Improvvisa.

- Il cuore mi ha giocato brutti scherzi e oltre pompare sangue ai miei muscoli e al mio cervello, non svolge altra funzione. Tu sei schiava di secoli di letteratura romantica. Dovresti smetterla con tutti quei libri pieni di buoni sentimenti e storie a lieto fine. La vita, quella vera, è un’altra cosa. Nella vita ci devi stare dentro e viverla per quello che ti offre nel momento. Senza aspettare il principe azzurro. Perciò, se lasci la porta aperta io entro senza chiedere permesso, mi bevo una birra, mangio gli spaghetti che hai cucinato e dopo, se ancora vuoi, andiamo in camera da letto e ci concediamo due ore di puro piacere. Domani mattina, prima che faccia chiaro, uscirò dalla stessa porta che hai lasciata aperta e tu mi ringrazierai per averlo fatto.

Di nuovo il sorriso obliquo.
Mi porge la bottiglia.

- Vuoi?
- No. Non voglio. Non voglio più. Io ci metto il cuore. Tu non lo hai mai fatto
- Ah… mi spiace, Bambina. Lo sapevi fin dall’inizio... i sentimentalismi non fanno per me.

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