lunedì 17 giugno 2013

della lenteZZa e del ricordo

- Devi leggere “L’insostenibile leggerezza dell’essere”
- L’ho già fatto. Vent'anni fa, e... probabilmente è stato così leggero che è scivolato via. Non ricordo nulla. Non trovi che sia strano?
- No, affatto... si chiama arteriosclerosi.
- Oggi sei particolarmente simpatico. Intendevo dire: ci sono libri che rimangono, come pietre miliari sulla strada della nostra vita e altri che scompaiono nell’oblio più profondo. Alcuni ritornano.
- Ecco, appunto “L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa...” comincia proprio così, questo è l’incipit.
- Ma dai?! Incredibile! Devo riprenderlo, allora. Vado! E... grazie!

...

Conosco i miei libri.
So dove trovarli. Al buio, nella confusione degli anni, dei ripiani, dei traslochi. Loro, ci sono. Sempre.
Apro l’antina, sposto la prima fila di volumi e lì, dove pensavo ci fosse la leggerezza consigliata, c’è un vuoto che non riesco a colmare. Fa quasi male, mentre allungo la mano verso ciò che non c’è più.
Teresa! Certo, ora ricordo.
Glielo avevo prestato tempo fa. Quanto tempo? Questo non lo ricordo, ma ricordo lei, come era allora. Aveva una missione, o almeno così credeva, un fardello troppo pesante da portare e un sorriso sempre acceso. Disegnava forme tristi, Teresa e riempiva quegli spazi di colori felici.
Non ho più rivisto Teresa, ma quel sentire insieme, che poi è il modo di amare la vita che conosciamo entrambe, lo percepisco adesso, sotto i polpastrelli, mentre traccio con le dita il contorno di quel vuoto dentro lo scaffale. Perché è davvero strano, sai, a volte, dei libri ti resta la vera essenza più che le parole. Perché è quella, che devi leggere, ora.

Ma la grossa sorpresa deve ancora arrivare. Vicino a quello spazio vuoto, o forse al posto suo, c’è un altro libro.
Certo, è normale che ci sia un altro libro in una libreria, ma ciò che non capisco è perché questo sia ancora avvolto dal nylon originale. Perfettamente sigillato.
Nuovo.
Intonso.
Sconosciuto.
Sì, perché io li conosco i miei libri e questo non è mio, non l’ho mai visto e soprattutto, sono sicura di non averlo mai posato lì.
Davvero singolare questo fatto che mi accende d’improvvisa e bizzarra curiosità.
Anomalo, penso... e l’anomalia, altro non è che una smagliatura, una fessura che si apre inaspettata e ti chiede di guardare attraverso. Di guardare oltre.
Potrei far finta di niente e non rispondere.
Potrei posarlo, quel libro, perché non è quello che cerco, quello che voglio.
Potrei addirittura provare fastidio, sapendo che qualcuno si è introdotto nei miei spazi, ha toccato i miei libri e magari, chissà, ha persino portato via qualcosa.
Ma io amo i paradossi e mentre il pensiero, ancora cerca motivi per rifiutare, le mani stanno già strappando l’involucro e il suo inconosciuto incanto.
Mi siedo e leggo.
Finalmente dimentico.
Lentamente cado dentro le parole e ricordo.
Sono quelle parole.
Sono ciò che è stato.
Sono qui.

Rallentando la corsa della loro notte, dividendola in parti distinte e separate fra loro, Madame de T. è riuscita a trasformare il breve arco di tempo a loro concesso in una meravigliosa architettura, in una forma. Dar forma a una durata è l'esigenza della bellezza, ma è anche quella della memoria. Ciò che è informe è inafferrabile, non memorizzabile. Concepire l'incontro come una forma è stato per loro tanto più prezioso perché quella notte era destinata a rimanere senza domani e non avrebbe potuto ripetersi che nel ricordo.
[Milan Kundera – La lentezza]

Domani ritorno.
Lentamente.


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