venerdì 11 novembre 2016

eserciZi di stile - Il malinteso

Un bottone.
Gli mancava il terzo bottone della camicia.
Un vuoto scucito. Sciocco e distratto.
La smorfia irriverente di un’asola sola.
Come un sorriso sghembo, o una ferita aperta.
Questa era l’unica cosa che riusciva a ricordare.
Non come fosse vestito o quanti anni potesse avere.
Non il timbro della voce e nemmeno il colore degli occhi.
Eppure, lì dentro, aveva sostato a lungo. Almeno... così le sembrava.
Probabilmente erano occhi chiari. Aveva un debole per gli occhi chiari e la sensazione verde acqua che conservava dopo quell’incontro, glielo suggeriva con insistenza, ma poteva solamente supporre.

Fu sotto l’ombra curva dei portici, mentre si interrogava su quanta storia fosse passata attraverso quei mobili scuri, levigati dal tempo e lucidi di cera.
E fu nel gioco di riflessi curiosi, tra la vetrina dell’antiquario e le sue spalle, che prese forma.
Lì, sussultò per la prima volta.
- Bella, davvero bella!!!-  prima che lei avesse il tempo di spostarsi
- Perfettamente realizzata! E’ una copia della famosa Situla della Certosa. L’originale risale al 475 avanti Cristo ed è ricavata da un’unica lamina di bronzo -
Comprese, non senza una punta di delusione, che si riferiva al vaso appoggiato sulla consolle in marmo bianco, dentro il negozio.
Lo lasciò continuare nel novero di informazioni non richieste, sbirciando appena la silhouette dal vetro. Era alto, probabilmente bello. Glielo diceva l’olfatto.
- Le decorazioni a sbalzo rappresentano, partendo da sopra: una parata di fanti e cavalieri,  una processione sacra, animali, scene di vita agreste e casalinga –
Lo disse appoggiando il dito sul vetro per indicare l’oggetto e facendolo scorrere lentamente verso il basso. C’era della sensualità in quel gesto e competenza, anche. Poi aggiunse:
- Vita di un tempo lontanissimo, quando questa città si chiamava Felsina… Sono sicuro che le sarebbe piaciuto vivere in quel tempo!–
Finalmente le rivolse un sorriso largo e fresco. Infantile, quasi. Ma lei non lo vide e meccanicamente rispose in difesa:
- Preferisco il tempo in cui sono nata. Non riesco ad immaginarmi intenta alla casa, a sorvegliare le schiave e a filare la lana. –
- Si sbaglia. In Etruria le donne godevano di piena parità  e non si negavano nulla di ciò che era concesso agli uomini. Avevano libertà di movimento, presenziavano ai giochi, agli spettacoli, alle feste e alle cerimonie; erano istruite e colte. Venivano chiamate con un nome personale, diversamente dalle donne romane, designate con la femminilizzazione del nome della “gens” a cui appartenevano. –
Non riusciva a decidere tra saccente e presuntuoso. Sicuramente temerario e preparato... certo anche molto, molto charmant. C’era qualcosa di estremamente rassicurante in quell’uomo che irradiava un senso di forza e di pacatezza. Ma forse, era soltanto perché le stava alle spalle. Un bel po’ sopra le spalle. Lo sentiva, sul collo. Traspirava enfasi e passione.
- La tradizione antica ci ha lasciato il ricordo di donne etrusche energiche, che sostenevano un ruolo di primo piano nella fortuna dei loro mariti. Urgulania, ad esempio… Tacito ne fa un vivace ritratto di donna ambiziosa, altera, dominatrice, mestatrice ed efficientissima nell’organizzare la carriera di figli e nipoti… -
Fu a quel punto che si decise ad affrontarlo con risolutezza e consumata malizia:
- Parbleu! Una vera First Lady! -
lo interruppe sfidandolo con un sorriso dritto, mosso da tre battiti di ciglia soltanto. Intonati languidamente e in rapida sequenza.
Troppo rapida.
Lui la fissò a lungo con sguardo severo. In un silenzio affilato e stridente come il coltello sul fondo del piatto.
Lei posò il suo, sul bottone che non c’era più, mentre fanti, cavalieri e animali si spartivano i resti di Urgulania.
In processione.
E sussultò per la seconda.

- Sì, certo. –
Rispose asciutto. Poi, sembrò ricordarsi qualcosa di molto lontano. Le afferrò il polso della mano sinistra con decisione, lo tirò verso di sé e le guardò il tempo:
- Sono in uno spaventoso ritardo!  – le lasciò andare il braccio – ...e anche lei! -
 
Si voltò e si allontanò in fretta, perdendosi nel dedalo di vicoli della città vecchia, come si perde un bottone che cade rotolando tra le fessure del pavé.